Quando si parla di conviventi more uxorio e/o c.d "famiglia di fatto" ci si riferisce a due persone che vivono insieme come se fossero una famiglia, pur non essendo sposati.
La convivenza more uxorio emerge come una realtà distinta della semplice coabitazione con il convivente, sottolineando così una profonda evoluzione nella percezione di questo fenomeno all'interno della società e del diritto stesso.
La distinzione fondamentale tra la convivenza more uxorio e la mera coabitazione risiede nella natura del legame con il convivente: non si tratta semplicemente di vivere sotto lo stesso tetto, ma di instaurare un rapporto affettivo stabile e duraturo, caratterizzato da un impegno reciproco di assistenza morale e materiale tra i conviventi.
In sintesi, la convivenza more uxorio si configura come una relazione complessa che supera il mero fatto di abitare insieme, per abbracciare una dimensione più ampia di condivisione della vita e di mutuo sostegno, riconosciuta e tutelata dal diritto in vari aspetti, riflettendo l'evoluzione della società e delle sue forme di relazione interpersonale. (Cass. 4 Maggio 20200, n.14151).
Le convivenze more uxorio sono state oggetto di un'importante riforma con la cosidetta legge Cirinnà (76/2016) la quale ha restituito pari dignità alle unioni che non contraggono matrimonio, contemplando a favore dei conviventi, tutta una serie di diritti nonchè di doveri reciproci.
Tali diritti riguardano naturalmente anche i figli; non esistono differenze per i figli nati da una convivenza more uxorio e quelli nati da un matrimonio.
I figli sono figli senza nessuna distinzione giuridica e sono considerati tali a prescindere, non essondoci più nessuna distinzione, come avveniva in passato, tra i figli legittimi (ritenuti tali i figli nati in costanza di matrimonio) e i figli naturali (figli nati da coppie di fatto).
Ne discende che, in caso di cessazione di una convivenza more uxorio, il figlio nato dall'unione avrà diritto ad essere mantenuto, educato ed istruito nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni al pari di un figlio nato in costanza di matrimonio (v. art. 315 c.c.)
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